Con risoluzione 40/E del 2019, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che l’innovazione di processo deve essere esclusa dall’ambito di applicazione del credito di imposta R&S. Quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, tuttavia, sembra non allinearsi con l’attuale impianto normativo, tra cui va annoverato il Manuale di Frascati quale documento di prassi internazionale utile a valutare le attività di ricerca e sviluppo ammissibili. Come noto, l’art. 3 del Dl 145/2013 riconosce un credito di imposta alle imprese che effettuano investimenti in R&S.
Il DM n. 190/2015 definisce, tra quelle che sono le attività ammissibili al predetto credito di imposta e per ciò che in questa sede ci occupa:
- acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti i nuovi prodotti, processi e servizi. Tali attività possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, inclusi gli studi di fattibilità, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida.
Si tratta di tutte quelle attività riconducibili allo sviluppo sperimentale, ove un’impresa acquisisce, combina, struttura e utilizza conoscenze già esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale, con l’obiettivo di creare nuovi o modificati/migliorati prodotti, processi o servizi.
Resta inteso che i miglioramenti/modifiche richiamati non devono qualificarsi come routinari, essendo necessario che gli stessi impattino in modo significativo a livello tecnico e/o funzionale.
Dalla lettera della norma sembra palese che l’innovazione di processo sia inclusa fra le attività agevolabili al credito di imposta R&S.
Il manuale di Oslo è l’equivalente, in materia di innovazione, al Manuale di Frascati. Lo stesso, al capitolo III (punto 141) recita quanto segue:
“… L’innovazione tecnologica di processo è l’adozione di metodi di produzione tecnologicamente nuovi o significativamente migliorati, compresi i metodi di consegna del prodotto. Tali metodi possono comportare modifiche delle attrezzature o dell’organizzazione della produzione, o una combinazione di tali modifiche, e possono essere derivati dall’utilizzo di nuove conoscenze. I metodi possono essere destinati a produrre o fornire prodotti tecnologicamente nuovi o migliorati, che non possono essere prodotti o consegnati utilizzando metodi di produzione convenzionali, o essenzialmente per aumentare l’efficienza della produzione o delle consegne di prodotti esistenti…”.
Attraverso un ragionamento logico deduttivo, possiamo osservare quanto segue.
Il Legislatore italiano ha individuato le attività ammissibili al beneficio del credito di imposta ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nella Comunicazione 2014/C 198/03 (paragrafo 1.3, punto15) della Commissione UE, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” che, a sua volta, le mutua dal predetto Manuale di Frascati.
La Comunicazione richiamata, in particolare, individua l’innovazione di processo come: l’applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato (inclusi cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature o nel software), esclusi i cambiamenti o i miglioramenti minori, l’aumento delle capacità di produzione o di servizio ottenuto con l’aggiunta di sistemi di fabbricazione o di sistemi logistici che sono molto simili a quelli già in uso, la cessazione dell’utilizzazione di un processo, la mera sostituzione o estensione di beni strumentali, i cambiamenti derivanti unicamente da variazioni del prezzo dei fattori, la produzione personalizzata, l’adattamento ai mercati locali, le consuete modifiche stagionali e altri cambiamenti ciclici nonché il commercio di prodotti nuovi o sensibilmente migliorati.
Alla luce di quanto sopra esposto si può confermare che i criteri di classificazione del Manuale di Frascati sono decisamente rilevanti per stabilire se le attività per le quali viene richiesto il beneficio soddisfino i requisiti sostanziali per rientrare in una delle categorie di ricerca e sviluppo richiamate dalla Comunicazione della Commissione europea, tra le quali compare l’innovazione di processo.
L’Agenzia delle Entrate, ripercorrendo la circolare 46/E del 13.06.2008, ritiene che l’innovazione di processo e l’innovazione organizzativa non rientrino tra le attività ammissibili al credito di imposta, ricalcando (e non se ne capisce il senso) la vecchia normativa, e in particolare la L. n. 296/2006 e il Decreto ricerca n. 76/2008.
In effetti, sia la vecchia L. 296/2006 che il DM n. 190/2015 non richiamano definizioni diverse da ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale (in specie, non richiamano le definizioni di “innovazione di processo” e “innovazione organizzativa”, invece richiamate sia dal paragrafo 2.2 degli aiuti di Stato 2006/C 323/01 che dal paragrafo 1.3, punto 15 della Comunicazione della Commissione UE).
Va evidenziato, però, che il legislatore, nell’individuare le attività ammissibili al beneficio, ricalca l’intero set di definizioni contenute nel paragrafo 2.2 degli aiuti di Stato 2006/C 323/01 – per la vecchia L. 296/2006 – e dal paragrafo 1.3, punto 15 della Comunicazione della Commissione UE) per la nuova normativa DM 190/2015.
Alla luce di quanto sopra esposto, si può affermare che:
- “innovazione di processo” e “innovazione organizzativa” siano attività di supporto e di integrazione alla ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale;
- le circolari dell’AdE si qualificano quali documenti di prassi interna alle Direzioni provinciali e agli Uffici periferici e non vincolanti per il contribuente;
- la circolare n. 46/E del 2008, ripercorsa dalla risoluzione 40/E del 2019, è relativa ad una precedente normativa (L. 296/2006);
- non può essere svilito il chiaro dettato normativo relativo al DM n. 190/2015, ove viene richiamato il termine “processi” (acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati).
Dall’analisi di quanto esposto, pare evidente che l’innovazione di processo rientri tra le attività agevolabili al credito di imposta e la valutazione delle attività di R&S condotte dalle imprese, relative ai processi aziendali, dovrebbe focalizzarsi sul livello di significatività tecnica e/o funzionale prodotta rispetto all’intero mercato di riferimento, percorrendo i 5 requisiti del Manuale Frascati, con particolare attenzione al requisito della “novità”.
Fonte: IPSOA Quotidiano – 14.06.2019