L’art. 3, DL 145/2013, come noto, ha previsto un credito di imposta in favore di tutte le imprese residenti che effettuano attività di R&S a decorrere dal periodo di imposta 2015.ù
Successivamente, con legge di Bilancio 2017, è stata approvato l’inserimento del comma 1bis, con il quale viene estesa l’agevolazione anche a tutte quelle imprese residenti (o stabili organizzazioni di soggetti non residenti) che svolgono attività di R&S per conto di imprese committenti non residenti (ricerca commissionata).
Alcune interpretazioni (di prassi e legislative), tuttavia, hanno stabilito che il comma 1bis dell’art. 3 suddetto, si deve interpretare nel senso che ai fini del calcolo del credito di imposta assumono rilevanza esclusivamente le spese ammissibili relative alle attività di R&S svolte direttamente (e internamente) e in laboratori o strutture situati nel territorio dello Stato italiano.
L’interpretazione “restrittiva” ha colpito soprattutto le imprese farmaceutiche che svolgono in Italia attività di R&S nell’ambito della sperimentazione clinica per conto di altre società del gruppo non residenti.
Si segnala che la sperimentazione clinica è una fase obbligatoria e fondamentale per lo sviluppo di un farmaco che, tra l’altro, prevede la somministrazione del farmaco sull’essere umano.
Vista la peculiarità di questa attività, le aziende farmaceutiche esternalizzano questa fase ad ospedali, istituti pubblici, strutture universitarie, enti pubblici e privati destinati alla ricerca, non potendo gestire internamente questa particolare fase, in quanto oggettivamente “impossibile”. La parte della ricerca esternalizzata, quindi, “sfugge” al beneficio.
Sarebbe auspicabile quindi, da parte del legislatore, operare un distinguo in tutti quei casi in cui “oggettivamente” la ricerca deve essere subappaltata all’esterno dell’azienda.
Di fatto, non sembra sufficiente a porre rimedio all’interpretazione restrittiva l’orientamento del Fisco che ha previsto che il credito di R&S potrebbe essere comunque usufruito dal soggetto residente che effettua la ricerca in subappalto e ciò per le seguenti ragioni:
- Nella maggior parte dei casi si tratta di enti che svolgono la ricerca nell’ambito della propria attività istituzionale (dunque, esclusi dalla normativa);
- I gruppi multinazionali non avrebbero nessun interesse ad investire nel nostro Paese per far sì che il credito spetti ad un soggetto terzo rispetto al gruppo: la conseguenza è che potrebbe venir meno proprio la finalità del legislatore, ovvero quella di attrarre in Italia i fondi per la ricerca
Fonte: Quotidiano del Fisco – 03.12.2019